Sentenza n. 143 del 2023

SENTENZA N. 143

ANNO 2023

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Silvana SCIARRA

Giudici : Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 937, primo comma, del regio decreto 30 marzo 1942, n. 327 (Approvazione del testo definitivo del Codice della navigazione), promosso dal Tribunale ordinario di Roma, in funzione di giudice del lavoro, nel procedimento vertente tra C. A. e altri e Compagnia aerea italiana (CAI) spa, con ordinanza del 17 maggio 2022, iscritta al n. 138 del registro ordinanze 2022 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 48, prima serie speciale, dell’anno 2022.

Visti gli atti di costituzione di CAI spa e di S. B. e altri, nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 23 maggio 2023 il Giudice relatore Giulio Prosperetti;

uditi gli avvocati Raffaele De Luca Tamajo e Francesco Bartolotta per CAI spa, Barbara Starna e Sabina Di Giacomo per S. B. e altri e l’avvocato dello Stato Gianni De Bellis per il Presidente del Consiglio dei ministri;

deliberato nella camera di consiglio del 23 maggio 2023.

Ritenuto in fatto

1.– Il Tribunale ordinario di Roma, in funzione di giudice del lavoro, con ordinanza del 17 maggio 2022 (reg. ord. n. 138 del 2022), ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 937, primo comma, del regio decreto 30 marzo 1942, n. 327 (Approvazione del testo definitivo del Codice della navigazione), che stabilisce che i diritti derivanti dal contratto di lavoro del personale di volo si prescrivono con il decorso di due anni dallo sbarco nel luogo di assunzione successivamente alla cessazione o alla risoluzione del contratto, ritenendo la norma in contrasto con il principio di ragionevolezza di cui all’art. 3, primo comma, della Costituzione.

2.– Il giudice a quo riferisce di dover decidere in materia di spettanze retributive per periodi di ferie maturate da alcuni dipendenti della Compagnia aerea italiana (CAI) spa dal 13 gennaio 2009 al 31 dicembre 2014, avendo, tra l’altro, la società convenuta eccepito la prescrizione dei diritti vantati dai ricorrenti, sia ai sensi dell’art. 937 cod. nav., per il decorso del termine biennale, sia ai sensi dell’art. 2948, numero 4), del codice civile, per il decorso del termine quinquennale.

Il giudice a quo solleva questione di legittimità costituzionale relativa all’art. 937 cod. nav., in quanto la suddetta disposizione consentirebbe ai ricorrenti nel ricorso principale di far valere ancora, allo stato attuale, i propri diritti essendo i loro rapporti di lavoro proseguiti con la cessionaria Alitalia SAI spa, ai sensi dell’art. 2112 cod. civ.; di qui la rilevanza della questione.

3.– In merito alla non manifesta infondatezza, secondo il rimettente, l’art. 937 cod. nav., laddove rinvia il decorso della prescrizione al momento dello sbarco successivo alla cessazione del rapporto di lavoro, sarebbe irragionevole in rapporto alla diversa decorrenza, in corso di rapporto, della prescrizione quinquennale di cui all’art. 2948 cod. civ.

In particolare, l’irragionevolezza si profilerebbe in relazione ai rapporti di lavoro assistiti da stabilità reale per i quali, in caso di lavoratori comuni, il termine quinquennale decorre in corso di rapporto e non dalla sua cessazione, come avviene per il personale di volo.

4.– Il giudice a quo, tuttavia, ricorda che analoga questione è stata rigettata da questa Corte con sentenza n. 354 del 2006, che ha ritenuto ragionevole l’imprescrittibilità in corso di rapporto, nonostante il rapporto di lavoro nautico fosse assistito da stabilità reale, e ciò in ragione della peculiarità della prestazione lavorativa, che si svolge lontano dal foro competente.

Il giudice a quo, tuttavia, ritiene che la situazione sia mutata per effetto della molteplicità degli strumenti informatici e postali oggi disponibili, che consentirebbero al lavoratore addetto alla navigazione aerea di far valere le proprie pretese anche durante lo svolgimento del rapporto.

Inoltre, secondo il rimettente, l’irragionevolezza della norma censurata deriverebbe anche dalla disciplina “privilegiata” dei riposi del personale aeronautico che, avendo diritto a più giorni annui di riposo di quelli spettanti alla generalità dei lavoratori, avrebbe il tempo per attendere alle proprie esigenze extra-lavorative.

5.– Nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha eccepito la non fondatezza della questione, poiché già decisa da questa Corte con sentenza n. 354 del 2006.

Con specifico riferimento alla disciplina dei riposi del personale di volo, il Presidente del Consiglio dei ministri sottolinea che essa ha la finalità di garantire il recupero psicofisico del lavoratore e comunque, considerato che il riposo è fruito dal personale navigante nel luogo in cui si trova al termine della prestazione, il maggior tempo a disposizione non incide sulla lontananza fisica del lavoratore dal foro competente e, quindi, sulla possibilità effettiva di far valere i propri diritti.

6.– Nel giudizio si sono, altresì, costituiti i ricorrenti nel giudizio principale, che hanno eccepito l’inammissibilità della questione in quanto già decisa con la sentenza di rigetto n. 354 del 2006, rispetto alla quale non è sopravvenuta alcuna modifica normativa.

Quali ulteriori motivi di inammissibilità le parti hanno dedotto: il difetto di rilevanza della questione derivante dalla recente giurisprudenza di legittimità (Corte di cassazione, sezione lavoro, sentenza 6 settembre 2022, n. 26246) che ha stabilito che, a seguito delle modifiche normative introdotte dalla legge 28 giugno 2012, n. 92 (Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita), tutti i diritti retributivi derivanti dal rapporto di lavoro comune si prescrivono alla cessazione del rapporto; l’erroneità del presupposto interpretativo da cui muove il rimettente che ritiene tuttora esistente – anche dopo la novella dell’art. 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale, nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento) ad opera della legge n. 92 del 2012 e del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23 (Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183) – il binomio tutela reale e tutela obbligatoria; l’incompleta ricostruzione e mancata ponderazione del quadro normativo, in relazione alla disciplina dei riposi del personale navigante che non sarebbe affatto privilegiata.

7.– Nel merito, le parti hanno rilevato la manifesta infondatezza della questione, ferme le motivazioni della sentenza n. 354 del 2006, e, inoltre, perché la disciplina dei riposi dei lavoratori dell’aria sarebbe volta a consentire il recupero delle energie psicofisiche.

8.– Infine, nel giudizio ha depositato atto di costituzione CAI spa, parte convenuta del giudizio principale, che insiste sulla fondatezza della questione non essendo più giustificabile, a suo avviso, la differenza di trattamento tra i lavoratori del settore aereo e gli altri lavoratori, che godono di stabilità del rapporto di lavoro, alla luce dell’odierna evoluzione tecnologica, che consente al lavoratore di interrompere la prescrizione con un semplice messaggio di posta elettronica e di far valere i propri diritti a mezzo posta elettronica certificata.

9.– Quanto alla sentenza della Corte di cassazione n. 26246 del 2022, CAI spa ha rilevato che, trattandosi di una pronuncia isolata, non sarebbe idonea a costituire diritto vivente.

Viceversa, la società ritiene che, anche a seguito delle riforme recate dalla legge n. 92 del 2012 e dal d.lgs. n. 23 del 2015, permarrebbe nell’ordinamento, seppur ridimensionata, la distinzione tra rapporto di lavoro stabile o meno, con la conseguente irragionevolezza del diverso trattamento del decorso della prescrizione, a parità di tutela reale, tra lavoratori nautici e lavoratori comuni.

In ogni caso, poiché nel giudizio a quo si verte in materia di crediti maturati dal 2009 al 2014, la società costituita ritiene che, pure nella prospettiva della citata sentenza della Corte di cassazione, in base alla quale, dopo l’entrata in vigore della legge n. 92 del 2012, tutti i crediti dei lavoratori comuni si prescrivono alla cessazione del rapporto, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 937 cod. nav. rimarrebbe rilevante in riferimento al periodo gennaio 2009-luglio 2012.

10.– Quale ulteriore profilo di illegittimità costituzionale dell’art. 937 cod. nav., CAI spa ha prospettato l’irragionevolezza della norma che, nel riferirsi alla cessazione del rapporto di lavoro, non distingue, in caso di successione di azienda, tra rapporto con il cessionario e con il cedente.

Ciò perché, nella prospettiva della parte, in caso di trasferimento di azienda ex art. 2112 cod. civ. il contratto di lavoro continuerebbe solo nei profili oggettivi con il nuovo datore di lavoro, mentre dal punto di vista soggettivo l’art. 937 cod. nav. andrebbe interpretato nel senso che il biennio di decorrenza della prescrizione vada riferito alla cessazione del rapporto con il cedente e non con il cessionario.

11.– Con successive memorie sia i ricorrenti nel giudizio principale che CAI spa hanno insistito nelle deduzioni e richieste già proposte.

Considerato in diritto

1.– Con ordinanza del 17 maggio 2022 (reg. ord. n. 138 del 2022) il Tribunale ordinario di Roma, in funzione di giudice del lavoro, dubita della legittimità costituzionale dell’art. 937, primo comma, cod. nav., laddove fa decorrere la prescrizione biennale dei diritti del personale di volo dal giorno dello sbarco nel luogo di assunzione successivamente alla cessazione o alla risoluzione del contratto, per irragionevole disparità di trattamento con riferimento alla diversa decorrenza della prescrizione nel rapporto di lavoro ordinario, quando questo è assistito da stabilità reale.

2.– Giova premettere che, con la sentenza n. 63 del 1966, questa Corte aveva stabilito il principio fondamentale che la prescrizione dei soli crediti retributivi di cui agli artt. 2948, numeri 4) e 5), 2955, numero 2), e 2956, numero 1), cod. civ. decorresse per tutti i rapporti di lavoro privato dalla fine del rapporto, in quanto la mancata rivendicazione di un diritto retributivo avrebbe comportato una implicita rinuncia, in violazione dell’art. 36 Cost.

3.– Successivamente all’entrata in vigore dello statuto dei lavoratori, con la sentenza n. 174 del 1972 questa Corte aveva precisato che, per i rapporti cui si applicava la reintegrazione prevista dall’art. 18 della legge n. 300 del 1970, la prescrizione dei crediti retributivi conservasse la sua normale decorrenza anche durante il rapporto di lavoro.

Tale sentenza aveva, così, limitato il principio fissato dalla sentenza n. 63 del 1966 in considerazione della sopravvenuta insussistenza del metus del licenziamento potendo il lavoratore fare ormai affidamento sulla tutela reale prevista dallo statuto dei lavoratori, che, di fatto, equiparava la tutela per il licenziamento illegittimo del lavoratore privato a quella prevista per i pubblici dipendenti.

4.– I ricorrenti nel giudizio a quo, costituiti nel presente giudizio, hanno eccepito l’inammissibilità della questione perché già decisa con sentenza n. 354 del 2006. I ricorrenti nel giudizio principale hanno anche eccepito il difetto di rilevanza della questione, sul presupposto che ormai anche nel rapporto di lavoro ordinario la prescrizione decorre dalla fine del rapporto. Infatti, a seguito della legge n. 92 del 2012, con l’attenuazione delle tutele in caso di licenziamento, rivivrebbe il decisum della sentenza n. 63 del 1966, secondo la quale la prescrizione dei crediti retributivi decorreva dalla fine del rapporto, e non più in corso di rapporto come aveva previsto la sentenza n. 174 del 1972.

In questo senso ha deciso la Corte di cassazione con la sentenza n. 26246 del 2022, che ha rilevato il venir meno, ad opera della legge n. 92 del 2012, dell’obbligatoria e piena reintegrazione del lavoratore a seguito di licenziamento illegittimo e ha dunque affermato la conseguente decorrenza della prescrizione di tutti i crediti retributivi dei lavoratori comuni dalla cessazione del rapporto di lavoro, non più assistito da quella tutela reale che la citata sentenza n. 174 del 1972 aveva individuato come giustificazione della decorrenza della prescrizione anche in corso di rapporto.

Quali ulteriori eccezioni di inammissibilità, i ricorrenti hanno dedotto l’incompleta ricostruzione del quadro normativo di riferimento, in relazione alla disciplina dei riposi e delle ferie del personale di volo; inoltre, la mancata considerazione della nuova disciplina normativa dei licenziamenti derivanti dalla legge n. 92 del 2012 e dal d.lgs. n. 23 del 2015, oltre a determinare l’irrilevanza, comporterebbe anche l’inammissibilità della questione per erroneità del presupposto interpretativo costituito dalla persistenza delle diverse tutele, reale e meramente risarcitoria, a fronte di un licenziamento illegittimo.

5.– Le eccezioni di inammissibilità non sono fondate; quanto alla prima, va detto che la riproposizione di questioni identiche a quelle già dichiarate non fondate non ne comporta l’inammissibilità (ex plurimis, sentenza n. 160 del 2019; ordinanze n. 96 del 2018, n. 162, n. 138 e n. 91 del 2017, n. 290 del 2016).

Quanto alla rilevanza, il giudice a quo ha adeguatamente argomentato sulla necessità di fare applicazione della norma denunciata, stante che comunque una parte del rapporto di lavoro è certamente precedente la legge n. 92 del 2012.

Attengono poi al merito, in quanto, nella prospettazione del giudice a quo, incidenti sull’irragionevolezza della norma censurata, le considerazioni relative all’attuale disciplina normativa dei licenziamenti e al regime giuridico dei riposi e delle ferie del personale di volo.

6.– La questione non è fondata.

7.– L’art. 937 cod. nav. prevede, per tutti i diritti del lavoratore, la decorrenza del termine di prescrizione, di durata biennale, dal giorno «dello sbarco nel luogo di assunzione successivamente alla cessazione o alla risoluzione del contratto di lavoro». Viceversa, in assenza di tale termine biennale, secondo la disciplina generale i diritti dei lavoratori si prescriverebbero, a seconda delle ipotesi, in cinque o dieci anni.

8.– La previsione di una prescrizione biennale più breve di quella ordinaria viene in qualche modo a compensare, in favore del datore di lavoro, la peculiarità della non decorrenza della prescrizione in corso di rapporto, che solo il codice della navigazione prevedeva prima della sentenza n. 63 del 1966.

9.– Altra peculiarità della norma in questione è quella della non decorrenza della prescrizione nel corso del rapporto con riguardo ad ogni e qualsiasi diritto correlato al rapporto di lavoro, anche diverso da quelli meramente retributivi.

Infatti, l’art. 937 cod. nav. tutela non solo i crediti retributivi, ma tutti i diritti del lavoratore, a differenza di quanto previsto dalla sentenza n. 63 del 1966 che, per gli altri rapporti di lavoro, muovendo dal disposto dell’art. 36 Cost., ha affermato la non decorrenza della prescrizione, nel corso del rapporto contrattuale, con riferimento ai soli crediti retributivi.

10.– È proprio la specialità del lavoro nautico, sia marittimo che aereo, a giustificare il particolare regime di disciplina vigente nel settore.

E invero, anche a non voler considerare la sussistenza di un metus, che peraltro potrebbe non essere limitato all’ipotesi di licenziamento ritorsivo, ma anche a possibili discriminazioni nelle destinazioni o negli avanzamenti di carriera, resta comunque fermo quanto dichiarato da questa Corte con la sentenza n. 354 del 2006, per la quale la specialità del rapporto di lavoro del personale aeronautico non consente una concreta possibilità di esercizio del diritto per l’estrema mobilità caratteristica dell’attività di tali lavoratori.

Gli argomenti portati dall’ordinanza di rimessione sull’evoluzione tecnologica, che oggi permetterebbe con un semplice messaggio di posta elettronica di interrompere la prescrizione, hanno una solo apparente plausibilità. Invero, l’atto interruttivo della prescrizione avviene di regola all’esito di una non semplice ponderazione dei vantaggi e possibili svantaggi che l’apertura di un contenzioso con il proprio datore di lavoro potrebbe comportare, valutazione questa che presuppone la consultazione di un legale al fine di avere l’esatta cognizione dei possibili esiti di un giudizio.

È, pertanto, di tutta evidenza che il problema non si riduce alla mera comunicazione dell’atto interruttivo della prescrizione, ma piuttosto al processo decisionale che lo presuppone e che non può certo essere affrontato dall’interessato quando è lontano dal proprio contesto ambientale.

11.– La questione non può essere accolta neanche nei termini più limitati proposti dalla difesa di CAI spa, secondo cui la decorrenza dalla fine del rapporto potrebbe essere riferita, nel caso di trasferimento di azienda ex art. 2112 cod. civ., al rapporto con l’impresa di provenienza, quella cedente, e non con l’impresa cessionaria.

In concreto, a supporto di tale tesi, viene argomentato che, proprio nel caso di plurimi trasferimenti di azienda, frequenti nel settore aeronautico, l’ultima cessionaria non avrebbe contezza di diritti precedentemente maturati.

Invece, proprio la sostanziale continuità dei rapporti e le selezioni che si frappongono nei diversi trasferimenti non possono non incidere sulla permanenza delle suddette ragioni inerenti il decorso della prescrizione nel codice della navigazione e, pertanto, anche tale proposta interpretativa va rigettata.

12.– In conclusione, deve essere dichiarata non fondata la sollevata questione di legittimità costituzionale perché, a prescindere dall’evoluzione del problema della decorrenza della prescrizione dei diritti retributivi nell’ambito dei rapporti di lavoro ordinario, il differente regime previsto dall’art. 937 cod. nav. va correlato alla specialità della prestazione lavorativa nel settore.

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 937, primo comma, del regio decreto 30 marzo 1942, n. 327 (Approvazione del testo definitivo del Codice della navigazione), sollevata, in riferimento all’art. 3, primo comma, della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Roma, in funzione di giudice del lavoro, con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 maggio 2023.

F.to:

Silvana SCIARRA, Presidente

Giulio PROSPERETTI, Redattore

Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria

Depositata in Cancelleria il 13 luglio 2023